Perchè studiare cinese? 5 buoni motivi + 1.
Jan 25, 2023Ormai oggi tantissime persone studiano la lingua cinese, a scuola, all’università, in centri specializzati, a casa. In questo contesto, rispondere alla domanda “perché studiare il cinese?” potrebbe sembrare banale. E invece non lo è.
Con le Olimpiadi di Pechino del 2008 moltissime persone hanno riscoperto uno Stato lontano che fa parte del nostro immaginario da secoli, ma che improvvisamente si era presentato alle nostre porte sotto una nuova veste.
Per chi come me ha iniziato a studiare la lingua e la cultura cinese in quegli anni, nel pieno della “febbre del cinese”, si sceglieva di studiarla perché la Cina era la potenza del futuro, perché era una lingua poco conosciuta, al contrario dell’inglese di cui tutti avevano almeno un’infarinatura; in più era un’attività esotica, e ogni volta che si diceva “studio cinese” si alzava un coro di voci meravigliate e affascinate. Insomma, che fosse per poter beneficiare del boom economico sperimentato dall’espansione del commercio con la Cina, per scoprire le tradizioni di un Paese che era stato culla di una grandiosa civiltà millenaria, per capire i motivi per cui la Cina era rimasta l’ultimo grande Paese comunista sopravvissuto al crollo dell’URSS: c’era un punto di partenza valido per tutti i gusti.
Nel corso degli anni, la rete di accordi commerciali e diplomatici con la Repubblica popolare cinese si è infittita sempre di più e la platea di coloro che hanno iniziato a studiare cinese si è espansa moltissimo. In seguito ai massicci investimenti cinesi sulla ricerca, poi, tante ricercatrici e ricercatori hanno trascorso dei periodi in Cina all’interno di programmi di collaborazione scientifica su tantissimi ambiti disciplinari diversi, aumentando ulteriormente gli ambiti lavorativi in cui la conoscenza del cinese è utile, se non richiesta.
Nel 2020, però, dopo un decennio di successi economici e diplomatici, con la pandemia la Cina ha cambiato di nuovo aspetto, chiudendosi e diventando un Paese percepito come minaccioso, se non pericoloso. La pandemia ha sancito il punto di arrivo di diversi anni in cui la percezione della Cina, anche in Italia, stava cambiando, concentrandosi meno sul fascino della cultura cinese e di più su timori di ordine economico e geopolitico, con un impatto anche sulle relazioni commerciali e culturali.
La Repubblica popolare cinese continua quindi a suscitare interesse e stimola la curiosità di tutti, non senza un filo di preoccupazione. I discorsi si rincorrono, le fake news girano, coloro che studiano la Cina cercano di fare divulgazione in modo equilibrato: insomma, l’immaginario collettivo sulla Cina è in costante mutamento.
Oggi studiare cinese non è più un’attività esotica che suscita meraviglia, anche perché ormai praticamente tutti conoscono almeno una persona che studia o ha studiato cinese. E allora quali sono oggi questi cinque buoni motivi per iniziare a studiare cinese?
- La Cina è un Paese con cui avremo sempre più a che fare nel futuro, e sarà utile capire cosa succede “là da loro”: oggi il dibattito sulla Cina è spesso di parte, o comunque superficiale. Saper usare la lingua ci permette di trovare delle informazioni per conto nostro, verificare le informazioni trasmesse dai giornalisti e farci un’idea più diretta e precisa con i nostri occhi e le nostre orecchie.
- Si tratta di una lingua che è parlata come prima lingua da oltre un miliardo di persone, e da molte di più come seconda lingua, il cinese ha esercitato ed esercita una grande influenza sulla cultura e sull’economia globale.
- Naturalmente, tanti elementi culturali che influenzano il modo di concepire e raccontare il mondo passano anche dalla lingua, e in particolare dalla storia delle sue parole. Ad esempio, la parola cinese 革命, gémìng, che noi traduciamo con “rivoluzione”, esprime un rapporto della popolazione col potere del tutto diverso dalla concezione che abbiamo elaborato nel corso della storia europea. Si tratta di una differenza che serve conoscere per non trarre conclusioni errate quando cerchiamo di capire la Cina. Conoscere la lingua ci aiuta a non dare niente per scontato.
- Spesso sovrapponiamo le persone di nazionalità cinese con lo Stato Repubblica popolare cinese. Indipendentemente dalle scelte dei governi, gli abitanti sono persone portatrici di aspirazioni, valori e comportamenti propri: usare la loro lingua per ascoltarle, capirle e metterle in discussione, significa anche esprimere il nostro rispetto della loro visione del mondo.
- Infine, le relazioni economiche e diplomatiche con la Cina sono ormai diffuse in ogni settore: a livello lavorativo, quindi è sempre più vero che conoscere il cinese ci dà una marcia in più, indipendentemente dalla specializzazione tecnica che abbiamo scelto. Inoltre, capire il modo in cui ragionano i cinesi (v. punti 2 e 3) apre opportunità di carriera innovative, soprattutto, secondo la mia esperienza, nel contesto delle piccole imprese, sia come semplici impiegati che come dirigenti.
Più uno.
L’ultimo motivo l’ho dedotto dagli anni di esperienza come insegnante di lingua cinese, soprattutto quella improvvisata sui tovaglioli di carta dei ristoranti: la lingua cinese, e soprattutto la sua scrittura così unica, è una metafora potentissima del “diverso”.
A un primo sguardo, i caratteri cinesi sono “scarabocchi”, cioè cose brutte e incomprensibili. Quando però li studiamo, scopriamo che non sono brutti, tanto da essere i protagonisti della forma d’arte più peculiare della cultura cinese, né sono incomprensibili: c’è una logica nella loro costruzione, c’è un ordine nel modo in cui li scriviamo, e alla base dell’apprendimento c’è il contatto, la pratica costante. Non si impara un carattere senza scriverlo cento volte.
Negli anni ho scoperto che questo approccio è l’unico che funziona quando si vuole prendere confidenza con qualcosa di “diverso”, e ho capito che per me studiare il cinese e la Cina è stato una palestra importantissima di apertura mentale verso tutto ciò che sembra strano e incomprensibile. Credo sia una palestra di cui tutti, oggi, abbiamo tantissimo bisogno nella nostra vita di ogni giorno, anche se non andremo mai in Cina.
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